2Sep
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L'odio che dai e Diciassette la star di copertina si apre sulla sua relazione, sul superamento delle insicurezze, sull'attivismo e altro ancora.
Amandla Stenberg può trasudare fiducia, ma per l'attrice, che recita nel film in uscita L'odio che dai—amare se stessa è un lavoro in continua evoluzione.
In questi outtakes esclusivi da lei Diciassettestoria di copertina intervista, la diciannovenne spiega perché le piace parlare da sola, come si è sentita a suo agio nell'essere quello che è e l'impatto duraturo L'odio che dai aveva su di lei.
Su come si occupa di insicurezza: "Parlo completamente a me stesso allo specchio. Non solo quando si tratta del mio corpo, ma quando si tratta di qualsiasi cosa. Se ho ansia per qualcosa e non riesco a capire da dove viene, mi guardo allo specchio e dico: 'OK, ragazza. Stiamo per capirlo. Cosa sta succedendo?' E ne parliamo, io e il mio riflesso. Penso anche che essere in una relazione lesbica renda tutto più facile, perché io e la mia ragazza ci innalziamo a vicenda. Siamo tipo, 'Sei nato perfetto. Sei una bellissima pesca. Sei un fiore, una gemma!' Ho apprezzato di più il mio corpo [e lo vedo come] il corpo di una bella donna. Ho curve, ho pendii e valli, montagne e creste".
Imparando a sentirsi a proprio agio con la sua oscurità: "Ho finito per essere la migliore amica di tutti i miei amici che erano ragazze nere. Due delle altre ragazze della mia classe erano le mie migliori amiche e abbiamo smesso di preoccuparci di inserirci nella struttura. Abbiamo appena fatto le nostre cose. E ho anche trovato comunità online che mi hanno ispirato a parlare di oscurità e appropriazione culturale e di utilizzare la piattaforma che ho. E c'era questa bellissima ondata di amore per se stessi, abilità artistica e creatività all'interno della comunità nera e dei ragazzi neri su Internet. Questo è stato davvero fondamentale per farmi sentire meno sola e aiutarmi a capire che non ero un'aliena solo perché ero una delle poche ragazze nere della mia scuola. Alla fine del liceo, avevo capito come lasciar andare l'interruttore di codice e basta.
Sul suo asporto significativo da L'odio che dai: "C'è stata una parte di me che, a volte, per cercare di proteggere la mia speranza, è diventata insensibile ai titoli [sulla brutalità della polizia]. È facile vedere una storia a riguardo e pensarla come un evento politico, invece di un evento profondamente personale nella vita e nella comunità di qualcuno, con riverberi che si faranno sentire per molto tempo. Mi sentivo come se nel realizzare il film portassi con me l'energia delle vittime che hanno bisogno di vendetta e le cui storie devono essere raccontate".
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